“LA STRANA ESPERIENZA DI ESSERE IN VITA”: IL CINEMA DI JACO VAN DORMAEL di Luisa Ceretto

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Ci sono autori il cui stile è riconoscibile al pubblico di ogni parte del mondo, per la capacità di sapersi mettere in gioco, di sperimentare cammini poco frequentati e che per tali motivi sfuggono ad una facile catalogazione. Tra questi, sicuramente si colloca Jaco Van Dormael, ogni suo film costituisce per certi aspetti un capitolo di un’unica opera. Figura di spicco della cinematografia belga contemporanea, Van Dormael si impone negli anni novanta sulla ribalta internazionale per la freschezza stilistica del suo debutto nel lungometraggio, l’inclassificabile Toto le héros (1991). Il suo cinema, dalla forte impronta surreale, si situa al fianco di quello  di autori come Alain Berliner, Rémy Belvaux, all’interno di una cinematografia nazionale composita e variegata che, forte di una tradizione del cortometraggio e del film di animazione, sin dagli anni venti vanta una produzione documentaristica di rilievo internazionale -i fratelli Dardenne ne sono l’espressione contemporanea-, ma anche nel cinema di fiction, in un Paese plurilingue, francofono, fiammingo e germanofono, dove alle differenze linguistiche si aggiungono influenze culturali diverse, vi è un’importante tradizione sperimentalista. La Cinémathèque Royale, fondata nel 1938 e rinominata nel 2009 Cinematek per la parità linguistica del Paese, istituzione cinetecaria tra le cinque più importanti nel mondo, che, come ha ricordato qualche anno addietro il direttore Nicola Mazzanti, grazie a Jacques Ledoux -suo predecessore- ha svolto un ruolo chiave per la promozione e formazione cinematografica negli anni sessanta, prima ancora del suo omologo francese Henri Langlois, proprio di recente ha restaurato Toto le héros.

 “Un, personne et cent mille…”

Je crois que dans le processus, dans l’écriture, dans l’imaginaire, mon plaisir est de croire que l’auteur est inexistant et qu’il n’y a que les personnages. Come un enfant qui joue très sérieusement et qui ne sait plus qu’il joue…

                                                Jaco Van Dormael

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Il tratto distintivo del cinema di Jaco Van Dormael, è una scrittura che esplora la potenza dell’immaginario e le strutture narrative che stravolgono la linearità del racconto, un cinema  che, per dirla con l’autore, cerca di mettere in scena la percezione e riprodurre i meccanismi del pensiero e, così facendo, a passare, per associazione visiva, “da un tempo ad un altro, da uno spazio ad un altro, da un personaggio ad un altro”. Nei suoi film, la componente sperimentale, le sue sequenze oniriche, sulle note di una canzone di Charles Trenet o di un’aria d’opera o ancora di Purcell, vanno di pari passo con l’attenzione e la sensibilità nel saper creare personaggi sofferenti di un disagio fisico o mentale, e inoltre non viene mai meno un profondo umanesimo, né un sottile umorismo di fondo. Per Jaco Van Dormael, maestro della favola e dell’onirico, il cinema costituisce ancora uno strumento di indagine, di ricerca delle proprie incognite. Le sue opere affrontano la riflessione sulla natura mortale dell’uomo, sulle vite possibili, in un universo fortemente caratterizzato dalla dimensione infantile, ma più ancora, dagli scarti, da quei “buchi” tra l’infanzia e l’età adulta, tra ricordi fallaci di un’infanzia non vissuta o soltanto immaginata e le ipotesi di un avvenire ideato in età infantile.

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Toto le héros

Un cinema spesso fuori formato, le sue vicende seguono i percorsi di un’intera esistenza, e dalla lunga gestazione, per scrivere Mr Nobody ci sono voluti ad esempio cinque anni. Regista, sceneggiatore e regista teatrale, Jaco Van Dormael dopo aver viaggiato in Europa e frequentato l’Ecole Nationale supérieure Louis Lumière in Francia,  intraprende i suoi studi all’INSAS (lnstitut National Supérieur des Arts du Spectacle et des techniques de diffusion). Tra i suoi docenti vanno  ricordati Franck Daniel per la sceneggiatura, che aveva studiato con discepoli di Eisenstein a Mosca e il regista André Delvaux, negli anni sessanta protagonista del rinnovamento del linguaggio cinematografico ed esponente del realismo magico. Van Dormael muove i suoi primi passi agli inizi degli anni ottanta del secolo scorso, firmando alcuni documentari e cortometraggi che ottengono importanti premi e riconoscimenti. Nel 1980, quando ancora frequenta l’INSAS, dirige Maedeli la brèche, in cui mette in scena il percorso iniziatico di due bambini, uno che scopre la bellezza della vita di campagna, l’altra che sogna di cambiare genere. L’imitateur (1982) un docu-fiction con due portatori di handicap Jacques e Jean e la loro intrusione nel cosiddetto universo dei normali. I due si perdono per la città, il primo, imitatore nato, si prende gioco di chi gli sta intorno, filosofeggia, parla da solo, seminando il panico tra la gente. Con È pericoloso sporgersi (1984) il regista pone le basi per la struttura narrativa del suo debutto nel lungometraggio. Il protagonista è un ragazzino che corre dietro al treno, se riuscirà a prenderlo il suo destino terminerà bruscamente a cinquant’ anni, se invece non ce la farà, il suo percorso esistenziale prenderà un’altra direzione. Come è stato osservato, è una sorta di messinscena della memoria, a partire da frammenti di ricordi, veri o falsi, secondo la logica dell’inconscio. L’esordio nel lungometraggio avviene nel 1991 con Toto le héros – un eroe di fine millennio, questa è la traduzione italiana del titolo, che riesce a trovare fortunatamente una distribuzione nelle sale, il film racconta la vicenda di un uomo, Thomas, persuaso che la sua vita gli sia stata rubata dalla nascita, che non abbia vissuto la propria per uno scambio di culle.

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L’ottavo giorno

Presentato a Cannes, ottiene il César come miglior film straniero. Sei anni più tardi, il regista firma L’ottavo giorno, in cui evoca l’amicizia toccante tra due uomini, di cui uno è portatore di handicap mentale. I suoi due protagonisti, Daniel Auteuil e Pascal Duquenne ricevono il premio per l’interpretazione e il film riscuote un buon successo di pubblico nelle sale. Jaco Van Dormael si lancia nella preparazione di Mr Nobody, progetto che vedrà la luce soltanto nel 2010. Unendo temi a lui cari come l’infanzia, l’innocenza, il destino, e la fantascienza, immagina percorsi multipli dell’ultimo essere mortale esistente sulla terra. Un film perfetto nel ritmo, nel giocare col tempo, con un cast internazionale composto da Jared Leto, Sarah Polley, Diane Kruger, che malgrado i mezzi faraonici non riscuote il successo auspicato. Successivamente si cimenta in altre attività, firmando nel 2012 la regia teatrale di Kiss and Cry, al quale collaborano la moglie Michèle Anne De Mey e lo scrittore e sceneggiatore Thomas Gunzig. Nello stesso anno Van Dormael fa la sua comparsa nel film Tango Libre del suo connazionale Frédéric Fonteyne e collabora alla sceneggiatura del francese Le vacanze del piccolo Nicolas di Laurent Tirard.

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Dio esiste e vive a Bruxelles

Nel 2015 ritorna al lungometraggio, firmando Dio esiste e vive a Bruxelles, una favola in cui Benoit Poelvoorde incarna un Dio vendicativo, una commedia surreale dove la figlia ribelle, sorella di JC, decide di vendicarsi e di rimettere le cose a posto. Si avvale, tra gli altri, dell’icona del cinema francese, Catherine Deneuve. A proposito dei tre lungometraggi, il regista dichiara: “Toto le héros è la storia di un uomo che credeva di sapere chi era…Era il gentile, la vittima dei cattivi. E alla fine, si rende conto che forse è lui il cattivo e che vi sono altre vittime…Si rende conto alla fine del film che la sua vita non era una storia, che non l’ha vissuta, perché ha messo in scena la sua vita e ha fatto di se stesso un personaggio. L’ottavo giorno è la stessa cosa, Dio esiste e vive a Bruxelles anche…ad un certo momento, la ‘scatola’ si apre, e i personaggi non sono quello che pensavano di essere… Siamo spesso ciò che non credevamo di essere”. Nel 2019 realizza il cortometraggio The Shape (2019) e lo stesso anno è coautore del fumetto Blake e Mortimer: L’ultimo faraone, una nuova avventura dei celebri personaggi creati dalla penna di Edger P. Jacobs di cui, insieme al romanziere Thomas Gunzig ha curato i testi.

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François Damiens, Pili Groyne, Jaco Van Dormael, Yolande Moreau e Serge Larivière alla presentazione di Dio esiste e vive a Bruxelles alla 68a edizione del Festival di Cannes (2015)

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