PETER GREENAWAY E L’ARTE CINEMATOGRAFICA

di Anna Albertano

PETERGREENAWAY

History is very very important…we cannot possibly exist without memory, memory makes us, memory gives us contacts, memory gives us I suppose a notion of the course of the past, but also  of the present and certainly of the future…
 Pittore, regista, sceneggiatore, ma anche autore di romanzi inediti, Peter Greenaway si è imposto  all’attenzione internazionale nel 1982 con I misteri del Giardino di Compton House, che tutti ricordano per l’eleganza  dei costumi e delle scene. L’elenco dei film che seguono e che lo hanno reso famoso dagli anni ottanta in avanti,  Lo zoo di Venere, Il ventre dell’architetto, Giochi nell’acqua, Il cuoco, il ladro, sua moglie e l’amante, L’ultima tempesta, I racconti del cuscino, Nightwatching, tanto per citarne alcuni, fino al più recente Eisenstein in Messico, confermano l’impronta del primo lungometraggio. Il suo è un cinema da conoscere oltre che vedere. Che abbia per protagonista un disegnatore, un architetto o un calligrafo, che prenda spunto da una convenzione pittorica, una rappresentazione teatrale  o da eventi storici, di volta in volta ci si trova di fronte ad un universo in cui metafore, elementi  artistici e simbolici, numeri, lettere dell’alfabeto, colori,  sono filtri che infondono all’opera un senso di ricercatezza  e insieme la complessità di un codice manoscritto da decifrare. A partire dalle inquadrature, concepite come composizioni pittoriche, i suoi racconti  filmici sono svelamenti o giochi combinatori attraverso cui lo spettatore  viene immerso nei suoi sistemi di segni. Peter Greenaway,  da poco  insignito del titolo di Professore ad honorem in Arti visive dall’Università di Parma, dov’era presente per il debutto della Giovanna d’Arco di cui ha curato la regia insieme a Saskia Boddeke, nell’ambito del Festival Verdi,  negli anni ha allestito grandiosi eventi e dato vita a molteplici installazioni audiovisive, molte delle quali in Italia (Venezia, Roma,  Bologna, Genova, Napoli, Torino, Milano, Lucca), che hanno consentito ad un grande pubblico di accostarsi al  suo modo di intendere l’immagine  cinematografica. Greenaway  è contrario  ad una concezione mimetica (aristotelica) del cinema come è contrario ad un cinema di narrazione, subordinato ad un testo, ad una storia da raccontare. Come ha più volte affermato,“I film, o comunque ogni opera d’arte, dovrebbero essere costruiti in modo che si possano vedere all’infinito; che si possa tornare a vederli  di nuovo … e vedere di volta in volta cose nuove o nuovi modi di guardare ad essi”. Una concezione che si potrebbe definire di “opera aperta”. Poliedrico  e dotto, come avrebbe potuto intendersi un artista nel Quattrocento, pittore, ma anche architetto, scultore, versato nelle diverse discipline complementari, Greenaway è un conoscitore delle arti, della loro evoluzione nei secoli, dei significati reconditi, dei rimandi culturali che palesemente o celatamente le opere talvolta custodiscono (impressi volontariamente o meno dai loro autori) e se ne avvale per il proprio lavoro. Possiede le chiavi di accesso al passato e lo reinterpreta con un gusto personale che comprende una grande dose di humour. A Torino, alla Reggia di Venaria Reale, probabilmente la sua installazione più imponente e duratura, inaugurata nel 2007, ha reso il percorso di visita un continuo teatro animato dal sorprendente impatto visivo per i colori, gli effetti sonori e di luce. “Ripopolando” i Palazzi di personaggi  e situazioni, veri e propri affreschi viventi, attraverso  quadri statici, processioni, scene di gruppo, viene ricostruita la vita di corte. In un succedersi di stanze, figure di marchesi, duchi e personale al seguito, valletti, araldi, dame di compagnia, invitati, dai vividi umori dei piani bassi, nelle cucine e in lavanderia, alla convivialità di tavoli illuminati da candelabri, al tedio e ai capricci dei piani alti dei nobili, alle riunioni di caccia all’aperto, introducono il visitatore nel milieu seicentesco subalpino, nei suoi chiaroscuri. La Reggia di Venaria è una visita che diverte e incanta moltitudini di spettatori che giungono da diverse parti d’Italia e d’Europa, un inatteso mélange tra documentazione e spettacolarità multimediale che dà a quel sito un indiscutibile fascino, valorizzato dalla musica per archi che l’accompagna.

“La storia è molto, molto importante…” ha affermato Peter Greenaway, “probabilmente non possiamo esistere senza memoria, la memoria ci crea, la memoria ci dà relazioni… la memoria ci dà una nozione del corso del passato, ma anche del presente e certamente  del futuro…”La sua arte cinematografica, grazie alla sofisticata sperimentazione tecnologica delle sue creazioni, ha indubbiamente il merito di riportare alla luce la storia e renderla viva, di  attrarre l’attenzione del grande pubblico suscitandone la curiosità, riuscendo in tal modo a veicolare il passato  con una sensibilità proiettata al futuro.