ROBERTO ROVERSI E LA RESISTENZA IN PIEMONTE di Anna Albertano

Come molte persone che l’hanno conosciuto, conservo un ricordo vivido di Roberto Roversi, nella penombra della Libreria Palmaverde, raccolto sui libri, spesso attorniato da assidui o casuali frequentatori, poeti, artisti, cantautori, intellettuali, persone comuni, talvolta per le vie di Bologna attigue alla sua Libreria. Roberto Roversi era segnato da una sobrietà del vivere lontana da ritrovi letterari e da ogni mondanità culturale, un’aria a tratti monacale, ingentilita dai capelli bianchi. Insieme alla moglie Elena, figura dai lineamenti belli e delicati e modi riservati di nobildonna, erano una presenza eterea e apparentemente distante da tutto ciò che li circondava. Al di fuori della Palmaverde erano poche le loro uscite, per questo ritenevo un privilegio ospitarli in casa per mostrare documentari appena terminati. A quel tempo, insieme alle prime prove di scrittura, mi interessavo a culture e realtà lontane. Roversi apprezzava le novità e dava suggerimenti. Era un periodo, dalla fine degli anni ottanta in avanti, contrassegnato da eventi epocali, la caduta del muro di Berlino, poi la prima guerra del Golfo, l’avanzare dell’integralismo islamico, l’inizio della guerra dei Balcani, per ricordarne alcuni. Collaborando con riviste letterarie, avevo iniziato a tradurre e presentare autori stranieri, ed erano per me anni di viaggi e di incontri significativi. Roversi spesso diceva che bastava restare a casa, in Italia, il sud era la nostra India, nelle sue enormi disuguaglianze. Non poteva che trovarmi concorde. Il bisogno di guardare al di là del proprio quartiere, oltre ad una risposta al crescente riflusso che si percepiva nell’aria, era un modo per comprendere ciò che succedeva nel nostro paese. Roversi, che trascorreva le vacanze a casa della moglie, in Abruzzo, sottolineava la grande ricchezza delle diverse realtà del sud, per patrimonio e varietà culturale, anche rispetto all’amata Emilia Romagna.

Roberto Roversi con la moglie Elena Marcone, Anna Morandi, Giorgio Morandi e Antonio Roversi, figlio di Roberto ed Elena

A proposito di tradizioni culinarie, una volta disse: “In Piemonte, non avete nulla…”, naturalmente ci scherzammo sopra, ma per poco. Roversi aveva conosciuto quella terra e i suoi abitanti in circostanze non comuni. In Piemonte negli ultimi mesi del 1944 si era unito alle forze partigiane di “Giustizia e Libertà”. Quella regione è stata un baluardo nella lotta al nazifascismo, un intero teatro di guerra, nelle città e nelle valli con le sue 11 zone partigiane, l’adesione di classi sociali diverse, di cattolici, ebrei, protestanti (valdesi), e una grande partecipazione di donne, che in quella guerra hanno svolto spesso ruoli di primo piano (1). Una lotta con bandiere di colori diversi, per la pluralità delle formazioni combattenti, a cominciare da quella di “Giustizia e Libertà”, e un movimento partigiano tra i più strutturati, con un’organizzazione regionale del CLN a Torino comprendente il Comitato militare regionale piemontese. È nota la consistente presenza antifascista locale sotto il regime, sin dagli anni trenta (2).

Sfilata di partigiane nel Canavese

Nel settembre del ’43 si costituiscono le prime formazioni G.L. per iniziativa tra gli altri di Duccio Galimberti, Giorgio Bocca e Nuto Revelli. La reazione al fascismo nelle fabbriche, già palese negli anni precedenti, si manifesta a partire dal marzo del ’43, prima dell’occupazione tedesca, con gli scioperi di Torino (Mirafiori è la più grande fabbrica italiana), che si estendono in altri centri piemontesi e poi vengono seguiti nel resto del nord Italia, lotte e agitazioni che proseguono nei mesi e negli anni successivi. Insieme alla risposta politica e militare, in Piemonte è stata la Resistenza civile ad accompagnare e sostenere i venti mesi di lotta. Dall’8 settembre là confluiscono decine di migliaia di militari italiani dell’esercito in dissoluzione, migliaia di prigionieri alleati, fuggiti dai campi di concentramento italiani, migliaia di ebrei italiani e stranieri.Il sostegno ai soldati italiani sbandati e ai prigionieri, molti restano nascosti per tutta la durata della guerra, alcuni entrano nelle formazioni partigiane, la protezione e l’aiuto agli ebrei, sono dati dalla solidarietà di singoli, di famiglie, o di intere comunità, in una vasta partecipazione da parte della popolazione, contadini, montanari, impiegati comunali, medici, religiosi, procurando cibo, rifugio, documenti d’identità e carte annonarie false, ricovero in ospedale come finti pazienti, o in strutture religiose, assumendosi consapevolmente rischi altissimi. Mentre c’erano premi e ricompense per chi consegnava o denunciava ex prigionieri alleati, chi ospitava partigiani o renitenti alla leva -la maggior parte dei giovani là non ha risposto ai bandi di reclutamento militare della Repubblica Sociale Italiana e si è unito alle formazioni partigiane-(3), veniva ucciso e la casa incendiata o distrutta. Nella regione si formano diverse Repubbliche libere, che sperimentano forme di autogoverno (4). Sin dal settembre del ‘43 è un susseguirsi di stragi, eccidi, rastrellamenti, case saccheggiate e distrutte, paesi dati alle fiamme, esecuzioni sommarie di civili per aver dato rifugio ai ribelli, partigiani catturati, fucilati e impiccati, dopo torture e sevizie inflitte da fascisti e nazisti. La repressione della lotta partigiana si intensifica dopo lo sbarco alleato nella Francia sudorientale.

Nell’autunno del ’44 la divisione Monterosa, composta di soldati italiani addestrati in Germania, giunge in Piemonte. Da quel momento Roversi condivide le sorti dei partigiani piemontesi. Oltre alla repressione fascista, a seminare il terrore si aggiungono i “mongoli”, così vengono chiamati gli ex prigionieri russi delle regioni asiatiche che nelle truppe naziste spiccano per ferocia, sempre ubriachi, ovunque stuprano le donne in massa. Di questo orrore, di fronte all’empietà che si compie in quelle valli, si trovano cenni nei crudi versi de Il tedesco imperatore in Dopo Campoformio, empietà colta accanto ad altre, in modo epigrammatico quasi, in un itinerario della memoria che sicuramente trattiene più che raccontare molto altro, un distanziamento necessario, anche nel tempo, in opere successive, fino alla sovrapposizione a quelle immagini di altre, di senso lontano. Un’ellissi che è il riverbero di una radicale svolta.

“Case incendiate specchiano le nubi; / dentro ai paesi occhi e ossa d’uomini/ tendono la mano…”

Roversi rammenta i giorni della Liberazione, dei tedeschi in ritirata, poi a Cuneo con tutta la gente felice, a sfilare davanti a Parri, il Comandante piemontese “Maurizio”, come  “il più bel ricordo della mia vita”.

Dopo di allora l’antifascismo è diventato un punto fermo della sua opera e della sua vita. Nel perseguirlo, Roversi ha conservato dentro di sé la determinazione di quei giovani “disinformati, educati dal fascismo a non pensare, improvvisamente costretti a fare scelte esistenziali, vitali per sé e per il futuro del Paese…” che da soli si sono inventati la guerra partigiana “per porre definitivamente fine al fascismo e cacciare il tedesco”(5), in una regione che ha pagato un tributo molto alto nella lotta per la libertà.

Note:

  1. E’ uscito recentemente un volume della storica inglese Caroline Moorehead su protagoniste della Resistenza in Piemonte, La casa in montagna. Storia di quattro partigiane, Bollati Boringhieri, 2020.
  2. Basti ricordare Leone Ginzburg, Cesare Pavese, Carlo Levi, Vittorio Foa, Augusto Monti, Aldo Garosci, Alessando Galante Garrone fra gli esponenti più noti. Ada Gobetti, vedova di Piero, è stata punto di riferimento per gli ambienti legati al movimento di “Giustizia e Libertà”.
  3. Il Piemonte nella guerra e Resistenza: la società civile (1942-1945).
  4. Dalla Valsesia sorta l’11 giugno del ‘44, alla Val Maira e Valvaraita, poi alle Valli di Lanzo nello stesso mese, seguono l’Alto Monferrato e l’Alto Tortonese, poi le Langhe, Alba, e Val d’Ossola.
  5. Come ha affermato il Prof. Michele Calandri, a lungo direttore dell’Istituto storico della Resistenza di Cuneo, in occasione delle celebrazioni del XXV aprile a Canale. https://primipianirivista.com/numeri-della-rivista/xvi-poesia-e-resistenza/