NOTA BIOFILMOGRAFICA

Nato a Palermo il 15 ottobre 1923, Vittorio De Seta proviene da una famiglia nobile di origine calabrese, trasferitasi nel capoluogo siciliano per ragioni lavorative.

Figlio di Giuseppe, marchese del casato dei De Seta e di Maria Elisa De Seta Pignatelli, – giunta dalla Toscana in Calabria nel 1919 e tenutaria di possedimenti in Sila e Sellia Marina -,  Vittorio De Seta, da giovane, frequenta il mondo aristocratico siciliano.

Insofferente alle imposizioni di una certa impostazione scolastica nozionistica, a scuola non è un allievo modello, si avvicina alla cultura da autodidatta, sviluppando grande interesse per la pittura, fa la conoscenza di Renato Guttuso. Nel 1941 si iscrive alla facoltà di Architettura a Roma, interrompe gli studi per via del conflitto – arruolatosi, sarà in seguito fatto prigioniero dall’esercito tedesco -, li riprenderà nel dopoguerra, per poi interessarsi al cinema.

Nel 1953 è aiuto-regista e co-sceneggiatore di Vacanze d’amore (Le village magique) di Jean-Paul Le Chanois e in seguito secondo aiuto regista di Mario Chiari per l’episodio, Dopoguerra 1920, del film Amori di mezzo secondo (1953). Si tratta, però, di due incursioni nel mondo dell’industria cinematografica che resteranno isolate, perchè non riflettono la sua idea di cinema.

Nel 1954 gira il suo primo film, La Pasqua in Sicilia. Seguiranno altri nove documentari, realizzati dal 1954 al 1959 in Sicilia, Sardegna e Calabria. Lu tempu di li pisci spata, Isole di fuoco, Surfarara, Contadini del mare, Parabola d’oro, Pescherecci, Pastori a Orgosolo, Un giorno in Barbagia, I dimenticati.

Alla fine del 1959 si reca nuovamente in Sardegna, dove trascorre nove mesi, in compagnia della moglie Vera Gherarducci, attrice, conosciuta a Roma nel 1955 e poi divenuta sua stretta collaboratrice e dell’operatore Luciano Tovoli,  per girare il suo esordio nel lungometraggio, Banditi a Orgosolo, che otterrà il premio come migliore opera prima alla Mostra del cinema di Venezia nel 1961. Il suo secondo lungometraggio, Un uomo a metà, storia di un disagio psichico, sarà nuovamente una produzione indipendente, accolto con diffidenza dalla critica cinematografica, per aver abbandonato le tematiche rurali e di impegno sociale.

Per la pellicola successiva De Seta opta per una produzione tradizionale, non autoprodotta, L’invitata (1968), su soggetto di Tonino Guerra. Ma l’esito sarà ancora negativo da parte della stampa.

Nel decennio successivo prende il via la sua collaborazione con la RAI e nella primavera del 1971 hanno inizio le riprese di Diario di un maestro, uno sceneggiato in quattro puntate dal successo inatteso. Successivamente ne verrà montata una versione ridotta per le sale cinematografiche.

Quando la scuola cambia è un’inchiesta tv in quattro puntate, che uscirà nel 1978. In quello stesso anno De Seta  gira Hong Kong città di profughi e nel 1980 ultima le riprese di La Sicilia rivisitata, dove il regista constata la definitiva scomparsa dell’universo raffigurato nelle opere dirette negli anni cinquanta. Sempre per la RAI dirige Un carnevale per Venezia (1980).

Nel 1981 De Seta si ritira in Calabria – due anni prima, un grave lutto, la morte della moglie Vera, lo segna profondamente – a Sellia Marina, dove si occuperà dell’uliveto di famiglia. Seguirà un lungo periodo di pausa, De Seta girerà un nuovo documentario, In Calabria, nel 1993.

Dieci anni dopo firma il mediometraggio Dedicato ad Antonino Uccello e nel 2006, dopo una lunga odissea produttiva, Lettere dal Sahara, presentato a Venezia. Nel 2008 è autore di una sorta di sequel di Lettere – un viaggio attraverso l’Italia di un immigrato senegalese -, dal titolo Articolo 23 (Pentedattilo).

Il 28 novembre 2011 De Seta muore a Sellia Marina, stava ultimando un progetto, un film di montaggio il cui titolo provvisorio era Nemesi. Guai a turbare l’ordine dell’Universo.