PARTE SECONDA

ADA GOBETTI

 

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Ada Gobetti col figlio Paolo

Da DIARIO PARTIGIANO

Quando ci ripenso, oggi, mi pare impossibile d’aver potuto essere in quei giorni, nonostante l’età e l’esperienza, così fanciullescamente superficiale e felice; con uno spirito quasi d’innocenza, uno stato d’animo di vacanza (credo, del resto, che questo fosse lo stato d’animo di molti tra noi). L’unica cosa seria forse era la sensazione che, come nella più bella vacanza, tutto questo ‘non poteva durare’; e l’attesa di qualcosa che ci avrebbe ben altrimenti e più profondamente impegnati.

Quel giorno, dunque, quando vidi passare le automobili tedesche, ebbi improvvisa la sensazione che la vacanza fosse finita

Io non sapevo, certo. E del resto quel nostro salire nella sera verso la collina non aveva per me nulla d’insolito. Quante volte durante il periodo dei bombardamenti, avevam percorso quella strada!E la casa settecentesca, vigilata dai due antichi cipressi, era pur sempre la stessa; e la stessa la cordiale, serena accoglienza che sempre ci si trovava.

Soltanto il mattino dopo incominciai a rendermi veramente conto della realtà quando, passando in tram dinanzi a Porta Nuova, vidi dei soldati tedeschi, armati sino ai denti, in divisa mimetizzata, di guardia presso i mitragliatori

Alla stazione, tra la folla che pareva l’abituale massa di «sfollati», tutto era come al solito: c’eran soltanto i tedeschi di guardia, impassibili e nemici, come isolati da un cerchio magico…

Il racconto incomincia dal 10 settembre 1943, dall’inizio dell’occupazione tedesca di Torino, dopo i “quaranta giorni badogliani” seguiti all’annuncio della caduta del fascismo.

 

GIORGIO CAPRONI

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AHI I NOMI PER L’ETERNO ABBANDONATI

 

Ahi i nomi per l’eterno abbandonati

Ahi i nomi per l’eterno abbandonati

sui sassi. Quale voce, quale cuore

è negli empiti lunghi – nei velati

soprassalti dei cani? Dalle gole

deserte, sugli spalti dilavati

dagli anni, un soffio tronca le parole

morte – sono nel sangue gli ululati

miti che cercano invano un amore

fra le pietre dei monti. E questo è il lutto

dei figli? E chi si salverà dal vento

muto sui morti – da tanto distrutto

pianto, mentre nel petto lo sgomento

della vita più insorge?… Unico frutto,

oh i nomi senza palpito – oh il lamento.

 

GIORGIO BASSANI

 

NON PIANGERE, COMPAGNO

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Non piangere, compagno,

se m’hai trovato qui steso.

Vedi, non ho più peso

in me di sangue. Mi lagno

di quest’ombra che mi sale

dal ventre pallido al cuore,

inaridito fiore

d’indifferenza mortale.

Portami fuori, amico,

al sole che scalda la piazza,

al vento celeste che spazza

il mio golfo infinito.

Concedimi l’erma pace

dell’aria. Fa’ che io bruci

ostia candida, brace,

persa nel sonno della luce.

Lascia così che dorma: fermento

piano, una mite cosa

sono, un calmo e lento

cielo in me riposa.

 

CESARE PAVESE 

 

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TU NON SAI LE COLLINE

Tu non sai le colline dove si è sparso il sangue. Tutti quanti fuggimmo tutti quanti gettammo l’arma e il nome. Una donna ci guardava fuggire. Uno solo di noi si fermò a pugno chiuso,vide il cielo vuoto, chinò il capo e morì sotto il muro, tacendo. Ora è un cencio di sangue e il suo nome. Una donna ci aspetta alle colline.

 

 

CORRADO GOVONI

 

ALADINO. LAMENTO SU MIO FIGLIO MORTO

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Fosse Ardeatine – imbocco delle cave

Quanto poté durare il tuo martirio
nelle sinistre fosse Ardeatine
per mano del carnefice tedesco
ubriaco di ferocia e di viltà?
Come il lungo calvario di Gesù
seviziato deriso e sputacchiato
nel suo ansante sudor di sangue e d’anima
fosse durato, o un’ora o un sol minuto;
fu un tale peso pel tuo cuore umano,
che avrai sofferto, o figlio, e conosciuto
tutto il dolor del mondo in quel minuto.
Non fu un sogno. E pareva di sognare.
La città, la campagna e tutto il mondo
era in preda al terrore e al tradimento.
L’incubo dentro l’incubo: era questo
il più terribile e infernal tormento.
La notte intera si invocava il giorno;
e il giorno era più torvo della notte.
Un passante poteva, nel soffiarvi
il suo fiato serpino dentro il collo,
gridarvi a bruciapelo: «Mani in alto!».
Vi aspettava la cella della morte,
le barbare torture e l’assassinio.
Fu così orrenda la realtà del sangue
nel risveglio, che ancor vorrei sognare;
e nel colmo dell’incubo nell’incubo
del più folle terrore ancor tremare.

Dalla raccolta di poesie che Corrado Govoni dedica al figlio Aladino, partigiano, tra le 335 vittime dell’Eccidio delle Fosse Ardeatine.

 

ITALO CALVINO

 

Italo Calvino

OLTRE IL PONTE        

O ragazza dalle guance di pesca
o ragazza dalle guance d’aurora
io spero che a narrarti riesca
la mia vita all’età che tu hai ora.

Coprifuoco, la truppa tedesca
la città dominava, siam pronti:
chi non vuole chinare la testa
con noi prenda la strada dei monti.

Avevamo vent’anni e oltre il ponte
oltre il ponte ch’è in mano nemica
vedevam l’altra riva, la vita
tutto il bene del mondo oltre il ponte.

Tutto il male avevamo di fronte
tutto il bene avevamo nel cuore
a vent’anni la vita è oltre il ponte
oltre il fuoco comincia l’amore.

Silenziosa suglia aghi di pino
su spinosi ricci di castagna
una squadra nel buio mattino
discendeva l’oscura montagna.

La speranza era nostra compagna
a assaltar caposaldi nemici
conquistandoci l’armi in battaglia
scalzi e laceri eppure felici.

Avevamo vent’anni e oltre il ponte
oltre il ponte ch’è in mano nemica
vedevam l’altra riva, la vita
tutto il bene del mondo oltre il ponte.

Tutto il male avevamo di fronte
tutto il bene avevamo nel cuore
a vent’anni la vita è oltre il ponte
oltre il fuoco comincia l’amore.

Non è detto che fossimo santi
l’eroismo non è sovrumano
corri, abbassati, dai corri avanti!
ogni passo che fai non è vano.

Vedevamo a portata di mano
oltre il tronco il cespuglio il canneto
l’avvenire di un giorno più umano
e più giusto più libero e lieto.

Avevamo vent’anni e oltre il ponte
oltre il ponte ch’è in mano nemica
vedevam l’altra riva, la vita
tutto il bene del mondo oltre il ponte.

Tutto il male avevamo di fronte
tutto il bene avevamo nel cuore
a vent’anni la vita è oltre il ponte
oltre il fuoco comincia l’amore.

Ormai tutti han famiglia hanno figli
che non sanno la storia di ieri
io son solo e passeggio fra i tigli
con te cara che allora non c’eri.

E vorrei che quei nostri pensieri
quelle nostre speranze di allora
rivivessero in quel che tu speri
o ragazza color dell’aurora.

Avevamo vent’anni e oltre il ponte
oltre il ponte ch’è in mano nemica
vedevam l’altra riva, la vita
tutto il bene del mondo oltre il ponte.

Tutto il male avevamo di fronte
tutto il bene avevamo nel cuore
a vent’anni la vita è oltre il ponte
oltre il fuoco comincia l’amore.

 

GIOVANNI SERBANDINI, “BINI”

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PER PAPA’ CERVI 

Come la Resistenza hai resistito
vecchia quercia
che i tuoi sette rami
gagliardi d’avvenire
opponesti alla nera tempesta
tutti e sette insieme
in un’alba solo stroncati
Come la Resistenza hai resistito
Perché oggi i ragazzi italiani
Sopra il tuo tronco nodoso
In uno squarcio libero di cielo
Vedano
Sette stelle d’argento

Ad Alcide Cervi, padre dei sette fratelli fucilati a Reggio Emilia il 28/12/1943.


PAESI DI MONTAGNA

Non vi avremmo mai conosciuti
paesi nostri di montagna.
Al diradarsi della nebbia
dopo il lungo cammino
scoperti, con le vecchie case a gruppi
l’una all’altra addossate.
O quando ormai credevamo
di aver perduto la strada nel buio,
per l’abbaiare di un cane
ritrovati, dove una luce di acetilene
accompagnava il secchio d’acqua
alla fontana.

Né ci sarebbe divenuta familiare
la stufa in mezzo alla stanza,
sedendo sulle panche a scaldarci
mentre cuoce la minestra di patate
o il pastone da portare alla mucca.
Che è uno dei cento mestieri
dall’alba, oltre ad andare per legna
e per erba che non basta mai.

La miseria non fu essa a contare
davanti ai soldati sfuggiti
ai tedeschi, di vesti borghesi
bisognosi e di cibo.
Non fu la diffidenza a contare,
antica come l’abbandono,
quando chiedemmo la cascina
per la prima banda di partigiani.
Ché anzi, cuocendo a turno
il pane per noi o dandosi la voce
per segnalare il pericolo,
lasciaron cadere durati litigi.
Ma in quell’antica crosta
di fronte alla spia
tornavano a chiudersi,
come fosse più dura
dei mitra puntati
nei rastrellamenti nazisti.

Serbandini, “Bini”, ligure, è stato partigiano nel genovese nelle formazioni Garibaldi.

 

MARIA PANAGIA

 

IL PANE

Era l’alba
quando ti condussero là,
per ucciderti a vent’anni.
Il carcere aveva smagrito il tuo volto,
ma non aveva spento
la luce degli occhi,
fatti più limpidi al sole
dopo la lunga oscurità
della cella.

Ti uccisero e lasciarono il tuo corpo
dove tutti lo potessero vedere
e tua madre urlasse il tuo pianto
guardandoti
senza poterti toccare.

Per lei,
dalle tasche del tuo vestito
tolsero un pane spezzato,
l’unico ricordo,
la memoria dell’ultima cena.

 


TULLIA DE MAYO

 

È PASSATA UNA SOLA STAGIONE   

Ho visto gli alberi fiorire
e i frutti crescere
sui rami ai quali
impiccarono i miei fratelli.
E’ passata una sola stagione
da quando staccammo
come frutti acerbi
i loro corpi uccisi.
Un giorno un albero
diventò una croce
ma non si dimenticò
di essere un albero di susine.
E’ passata una sola stagione.
gli alberi fioriscono, i frutti crescono.
Il nostro dolore
ha messo una sordina.

PRIMAVERA ’44

I primi bucaneve
li portarono le donne
alle tombe senza nome.

Li tenevano nascosti in petto
e il nemico non s’accorse
di quel gesto d’amore.

Mani furtive li deposero
sulla terra in disgelo
e germogliò la primavera
nei bianchi cimiteri.

Partigiane in Canavese

Sfilata di partigiane in Canavese

STAFFETTA PARTIGIANA

Lidia non pianse,
oppose il suo silenzio
come sfida all’oltraggio,
mentre corpo e mente
erano tutto un grido
e il cuore invocava
con ansia la morte.

Tullia De Mayo è stata partigiana nelle formazioni Garibaldi in Canavese.

 

IDEALE CANNELLA

 

UNO SGUARDO AL PORTAFOGLIO

Quando il ragazzo
pone mano al portafoglio
una pena sottile
gli serpeggia nel cuore:
una fotografia,
lettere,
immagini benedette,
una stella alpina,
qualche foglietto inutile…
Alza il capo, mi guarda:
– Me lo custodisce ?
<<Sì; te lo restituirò al ritorno>>.
Sorride triste, il ragazzo,
abbiamo uno sguardo d’intesa:
se non dovesse tornare…
Il patriota
rasserenato s’allontana.
Nelle mani
mi resta quel portafoglio.

Ideale Cannella, di origine abruzzese, si unisce come infermiera alle formazioni partigiane nelle valli di Sondrio.