POESIE di Roberto Roversi

Da Dopo Campoformio

Una terra

La rocca incombe ancora a precipizio.

Un tempo sulle alture

i noci strisciavano a terra

foglie di quattrocento anni, eppure

adesso il silenzio è una favola

per i vecchi che muoiono nel sole.

Le case all’ombra delle tamerici,

fra le siepi, case di girovaghi

e pescatori, pittate di bianco

(formaggio fresco su una foglia

di fico) sono cadute;

scompare adagio la gente

che non trema alle nevi dell’inverno.

Crescono giovani aspri, amare mandorle

in un tempo d’inferno, di lampi

e sorprese telluriche nell’aria

grigia che illividisce ogni città;

il sangue arde dentro i cuori straziati

dall’unghia del mostro che si torce.

Ma quale mondo apparirà

dopo la pena necessaria!

 Il sogno di Costantino

La partita non è perduta, la nostra vita

non è bruciata ancora, annichilita,

disfatta, ramo secco, noce avara

che allappa nella polvere di sasso.

Tutto sembra caduto? Roma impera,

muore Venezia, il carnevale impazza?

e noi sangue italiano

pazienti a conficcare con la mano

i chiodi dentro al legno dei cuori,

volontà non corrotta da furori

in questi anni coperti di silenzio.

Essere stati vivi sarà inutile?

Non offrire la scure al nostro boia,

non cadere bruciati dalla noia,

il sangue versato servirà.

Mentre scrivo la terra è minacciata,

forze aprono voragini nel fondo

mare, dall’abisso cadono sul mondo.

Veleno, colori sfolgoranti improvvisamente

invadono la pianura,

l’uomo bruciato dalla paura

impazzisce. Questa è l’età

che ci vede vivere, sulla spiaggia

di onde paurose; ma poiché viviamo,

ancora nei pensieri abbiamo la forza

di un ultimo rigore, ancora amore

nella scatola segreta d’una stanza.

Lo Stato della Chiesa

Mai anni peggiori

di questi che noi viviamo,

né stagione più vile

coprì di rossore la fronte asciutta italiana;

cadavere fulminato

giace essa riversa sull’erba di una trazzera.

Così la sera del nostro vivere umano

quando la morte sprofonda nel fuoco della gola

e resta poca gente, sola,

a vegliare con gli occhi asciutti e a ricordare.

Da Le descrizioni in atto

Cinquantunesima descrizione in atto

(I Longobardi erano uomini)

I.

Società Generale Immobiliare.

Facciamo case. Magari la vostra.

Si possono costruire intere città

senza tradire la natura.

Costruire per noi è amare la natura.

Non certo distruggere la natura.

Così come per voi amare la natura

è desiderare una vita nel verde

tra gli alberi e sui prati.

Nei prati dove il verde si perde.

Perciò per noi un albero abbattuto

è una casa che è riuscita male.

Per questo le nostre case sono nel verde sono nella vita,

per questo le nostre case sono nella natura,

quella vera. quella di un mondo felice.

Così, forti del passato (come si dice)

faremo sempre meglio nel futuro.

Tra il verde. Per un uomo felice.

Questi sono i nostri uffici in Italia.

Abbiamo molte case per voi e

molti recapiti sparsi.

Da L’Italia sepolta sotto la neve

Premessa

Ricordo la giornata le giornate

nella città senza trasporti.

La ciminiera dei silenzio vigilava la danza delle spade

fra un angelo e il lupo della montagna.

Quel libro fa paura dice

la verità e la verità è impossibile

la verità è possibile la verità

è una bugia dei sentimenti è

un errore decapitato è la morte apparente è

il temporale senza tempo non indicato dal barometro dell’estate.

Non mi lascio tempestare

anche se ogni uccello è interferito dal fucile di un inquisitore

e io ricomincio da capo. Fa la neve.

Così scrivo un racconto qua

con tre orsi (che ballano) di pelle nera.

Una sera la navicella della vita sfuggita a una tempesta rientra e

tutto è ancora da raccontare.

Comincio a parlare in un deserto. Fa

la neve. Un odore di mele.

Dalla spada non volle mai separarsi

neanche nell’istante della morte

e questa della spada è una speranza.

**

La neve è calda come il tempo della neve.

Da una finestra in aperta campagna

il palmo della mano di un ragazzo

cerca di stringere un poco d’erba distesa sotto la neve.

Guardare è un sogno.

Quante cose avrei potuto fare se fossi stato diverso

povero passero uccello gramo

arrivato a questo punto del volo

mi rendo conto della fragilità del ramo

e ricomincio a volare.

**

È in atto la scancellazione del presente.

O del passato prossimo.

È in atto la scancellazione del passato tutto intero.

Quindi vecchio. Absolument. È in atto

la scancellazione generale si cerca di sovrapporre l’

armatura di un linguaggio comune

mimetizzato da giovane grido

un linguaggio disincantato.

Piacente primavera.

Pixies sortivano leggere.

Parte Prima

Inverni alle spalle ma quante estati lo aspettano ancora?

Riserva ogni speranza a domani

giuoca sul concreto

butta la lattina vuota. Non sentite il tuono?

L’estate comincia a declinare ma

non si affanna, riceve suoni e impara.

C’è un uomo che scrive ma la paura della vita la

paura della morte la paura della notte – le

lunghe insonnie le trascorre gridando contro la luce

che non arriva.

Il sonno intanto trascina lontano il suo carro.

Oh Bologna

calda di torri diroccate o di ombra di torri

ha il pianto delle cicale sgozzate conficcate in gola ai maceri

della pianura

città sorella alla brace alla pioggia alla pietra

cammina nel silenzio d’autunno

mentre i nobili nel casino di caccia sparano parole.

Vivrà mille anni ancora aspettando il passato

l’alba.

Parte Terza

Bruciano verdi cieli presagi sulla campagna emiliana

uomini in silenzio accendono il toscano

zingari con i carretti di legno

stendono fieno al cavallo vicino a un fuoco di rovi. Cala la sera.

A Coblenza gridano Sieg heil! e

lungo il Reno guardano Loreley

seduta sullo scoglio alta sul monte ride la giovinezza

sciogliere trecce a fiore dell’onda del Reno.

OGGI consumata dal silenzio

come la radice di un albero

sotto la terra

anch’io interrata sono la radice

senza più foglie senza il futuro più mai.